Analisi globale
A cura di Marcela Szymanski
Il periodo in esame (maggio 2021 - dicembre 2022) è stato dominato dal COVID-19, un'emergenza sanitaria mondiale senza precedenti che ha richiesto programmi di risposta ad una crisi internazionale altrettanto senza precedenti - in particolare con chiusure e altre restrizioni radicali, nonché un programma di vaccinazione mondiale.
Nel 2022 l'attenzione del mondo è stata catturata anche dalla guerra in Ucraina e dalle sue ripercussioni politiche. Di grande importanza sono stati inoltre la crisi economica, in particolare la rapida inflazione, e i timori di un conflitto armato internazionale nel Mar Cinese Meridionale. Tutto questo, e non solo, ha distolto l'attenzione dalle questioni relative alla libertà religiosa, in un momento in cui le violazioni di questo diritto umano vitale sono aumentate in tutto il mondo. Questa analisi cercherà di dimostrare che il periodo del COVID-19 è stato particolarmente catastrofico per una serie di minoranze religiose che sono state prese di mira impunemente mentre l'attenzione internazionale era rivolta altrove. A differenza delle precedenti edizioni di questo Rapporto, in cui questa sezione si concentrava sulla differenziazione geografica, l'analisi che segue affronterà invece, prevalentemente, i temi e le tendenze prevalenti. La metodologia del Rapporto di ACS (Aiuto alla Chiesa che Soffre) sulla Libertà Religiosa nel Mondo, misura le violazioni della Libertà di Religione e di Credo (FoRB) in base ad una scala graduale di gravità. Si parte dalle manifestazioni di intolleranza, che poi oltrepassano la soglia della "discriminazione", in base alla quale la legge si applica in modo diverso agli individui e alle comunità religiose che subiscono determinate problematiche. Le forme più gravi di intolleranza sono invece considerate "persecuzione", e si evidenziano nelle situazioni in cui gli attori statali e non statali opprimono e perseguitano apertamente e impunemente.
La ricerca per questo Rapporto 2023 rivela che vi sono 61 Paesi in cui la discriminazione e la persecuzione sono chiaramente evidenti e in cui il diritto fondamentale alle libertà di pensiero, coscienza e religione è posto sotto pressione o limitato da nuove leggi. Di conseguenza, i cittadini sono perseguitati dal loro stesso governo o vengono uccisi, spesso con poca o nessuna risposta da parte della comunità internazionale (si veda a tal riguardo la mappa).
In questa edizione, il Rapporto identifica le tendenze che indicano la crescente minaccia posta nei confronti delle minoranze religiose dagli autocrati. I governi autocrati sono definiti qui come governanti che esercitano il loro potere, l'uso della forza e delle risorse economiche senza alcun limite. Secondo L. Reardon (2019), «Sia che l'autocrazia sia composta da un monarca assoluto o da un leader supremo autoritario, religioso, militare, fascista o comunista, l'autocrate rafforza la legittimità controllando i centri di potere concorrenti all'interno dello Stato». Grazie alla loro «capacità di mobilitare la cittadinanza», le comunità religiose rappresentano spesso uno di questi centri di potere che l'autocrate cerca di controllare.
Durante il periodo di riferimento sono emersi alcuni nuovi modelli autocratici e quelli esistenti hanno consolidato la loro posizione. In entrambi i casi, sono stati attuati controlli serrati sui leader e sui gruppi religiosi, dei quali si temono l’influenza e lo status all'interno della comunità. In altri casi, invece, i governanti hanno cercato di cooptarli. Gli autocrati hanno lottato per bilanciare i loro sforzi, spesso violenti e oppressivi, di eliminare ogni opposizione anche da parte dei gruppi religiosi, con la necessità di presentare una facciata umana e accettabile di fronte alla comunità internazionale. Le sfide economiche legate alla pandemia, esacerbate dalla carenza di risorse energetiche causata dalla guerra in Ucraina, e gli interessi commerciali internazionali in competizione tra loro hanno portato a un cinico pragmatismo - una cecità e sordità selettiva – da parte dei leader occidentali. Tali governi, che in precedenza si vantavano di mantenere un “ordine mondiale basato sulle regole”, non hanno più sostenuto gli standard dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale.
Nella categoria Arancione (discriminazione), il Rapporto rileva come vi sia stato un notevole cambiamento durante il periodo di revisione. Tra i 33 Paesi appartenenti a questa categoria vi sono tre nuovi arrivati: Haiti, Israele e gli Emirati Arabi Uniti. Il peggioramento delle condizioni della libertà religiosa ha fatto sì che Nicaragua e Sudan - due Stati classificati come “arancioni” nell’edizione del 2021 - siano passati alla categoria Rossa. Nuove leggi vengono applicate, legalizzando di fatto la violazione delle libertà di pensiero, coscienza e religione di gruppi specifici. Nel 2021 si erano registrati segnali di speranza tra i Paesi del Medio Oriente e dell'Asia, dove sembrava che si stesse sviluppando una comprensione dei diritti di libertà religiosa, ma tali speranze sono state deluse dall'inasprimento delle leggi e delle pene esistenti (ad esempio, le "leggi anti-conversione"). Nel frattempo, vi sono stati pochi miglioramenti nei sistemi educativi volti a ridurre la discriminazione dei gruppi di fede minoritari (si veda l'Approfondimento sui testi scolastici).
Nella categoria Rossa di questo rapporto (persecuzione), sono inclusi 28 Paesi in cui vive un totale di 4,02 miliardi di persone, pari al 51,6 percento della popolazione mondiale. Di particolare rilievo sono le due nazioni più popolose, Cina e India, che figurano tra i peggiori trasgressori della libertà religiosa. Gli autocrati a diversi livelli di governo combinano una dura repressione con una persecuzione morbida. Gli esempi includono il controllo dell'accesso al lavoro, all'istruzione e ai servizi sanitari, l'installazione di sistemi di sorveglianza di massa, l'imposizione di ostacoli finanziari ed elettorali e la mancata imposizione della legge e dell'ordine quando le comunità religiose vengono attaccate da folle locali o da terroristi. Coloro che detengono il potere, sia gli attori statali che quelli non statali (terroristi), attuano una strategia con lo stesso obiettivo finale: eliminare l'autorità concorrente detenuta dalla comunità religiosa indesiderata. In questo caso osserviamo una nuova tendenza per quanto riguarda il tipo di autore (si veda a tal proposito la colonna "Responsabili" della tabella), con un numero maggiore di Stati che perseguitano i propri cittadini. Infine, diversi Paesi nella categoria persecuzione - in particolare i governi che aderiscono e sposano una religione maggioritaria - non solo manipolano la religiosità dei loro cittadini, ma falsano perfino i dati di appartenenza religiosa al fine di consolidare ed estendere il proprio dominio politico.
Nella categoria Arancione (discriminazione), il Rapporto rileva come vi sia stato un notevole cambiamento durante il periodo di revisione. Tra i 33 Paesi appartenenti a questa categoria vi sono tre nuovi arrivati: Haiti, Israele e gli Emirati Arabi Uniti. Il peggioramento delle condizioni della libertà religiosa ha fatto sì che Nicaragua e Sudan - due Stati classificati come “arancioni” nell’edizione del 2021 - siano passati alla categoria Rossa. Nuove leggi vengono applicate, legalizzando di fatto la violazione delle libertà di pensiero, coscienza e religione di gruppi specifici. Nel 2021 si erano registrati segnali di speranza tra i Paesi del Medio Oriente e dell'Asia, dove sembrava che si stesse sviluppando una comprensione dei diritti di libertà religiosa, ma tali speranze sono state deluse dall'inasprimento delle leggi e delle pene esistenti (ad esempio, le "leggi anti-conversione"). Nel frattempo, vi sono stati pochi miglioramenti nei sistemi educativi volti a ridurre la discriminazione dei gruppi di fede minoritari (si veda l'Approfondimento sui testi scolastici).
La classificazione nella categoria Arancione è anche indicativa del fatto che i governanti autoritari non solo applicano leggi per limitare la libertà religiosa, ma non riescono neanche a fornire protezione o giustizia alle vittime di attacchi fisici.
Infine, vi è la categoria "Sotto osservazione". Il rapporto 2021 ha evidenziato la necessità di rimanere vigili, poiché i diritti umani spesso scompaiono gradualmente, a piccoli passi, senza che nessuno se ne accorga finché non è troppo tardi. Gli elementi della libertà religiosa suscettibili di erosione progressiva includono: «la libertà di cambiare la propria religione o il proprio credo e la libertà, da soli o in comunità con altri e in pubblico o in privato, di manifestare la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nella pratica, nel culto e nell'osservanza». Ognuno di questi aspetti della libertà religiosa è fondamentale e indispensabile. L'indebolimento di uno di essi può essere interpretato come una minaccia al diritto alla libertà religiosa nel suo complesso. Le prove che rivelano il declino nel godimento di questo diritto fondamentale, in quanto gli Stati hanno abdicato alla loro responsabilità di tutelare tutti i cittadini, hanno fatto sì che la nazione in questione sia stata posta "Sotto osservazione". Si tratta di una categoria che include i Paesi le cui schede indicano non solo un progressivo peggioramento delle violazioni, ma rivelano anche episodi che rientrano nelle varie classificazioni di intolleranza, discriminazione e talvolta anche persecuzione. Gli esempi includono attacchi isolati, persino omicidi, con chiari pregiudizi religiosi, e la distruzione o gli atti vandalici ai danni dei luoghi di culto. Due Paesi - Haiti e Israele - posti "sotto osservazione" nel 2021 sono scesi nella categoria Arancione. Nel frattempo, otto Stati sono stati aggiunti a questa categoria: Argentina, Guinea Bissau, Benin, Burundi, ESwatini, Ghana, Indonesia e Madagascar.
Autocrati risoluti e fiduciosi
Gli autocrati responsabili delle peggiori violazioni della libertà religiosa appartengono probabilmente a una o più categorie di persecutori: governi autoritari, estremisti islamici o nazionalisti etno-religiosi. Un altro tipo di perpetratore che ha interesse ad eliminare i leader religiosi che sfidano la propria autorità è costituito dai gruppi criminali organizzati. In diverse parti del mondo, questi sono i governanti de-facto che hanno accesso a maggiori risorse finanziarie e a un migliore equipaggiamento militare rispetto allo Stato. In questo modo danno l'impressione che il governo abbia abdicato alla sua responsabilità di proteggere tutti i cittadini, oppure che le autorità stiano di fatto collaborando con i criminali. Proliferano soprattutto negli Stati falliti e semi-falliti come Somalia, Libia, Afghanistan, Haiti e Siria.
Il vantaggio che gli autocrati statali (ad eccezione delle dittature assolute) hanno rispetto ai gruppi criminali organizzati è che, nella maggior parte dei casi, possono nascondere le loro violazioni dei diritti umani sotto un manto democratico, facendo riferimento alle elezioni, di qualsiasi tipo, che li hanno portati al potere. L'enigma, tuttavia, per gli autocrati che manipolano il gruppo religioso maggioritario (si vedano le schede Paese di Pakistan, India, Sri Lanka e Myanmar/Birmania) è la necessità di compiacere questa base di elettori e di mantenere una facciata “democratica” nei confronti dei partner internazionali (si veda il Caso studio sul Nicaragua).
Un altro modo apparentemente democratico per soffocare una comunità religiosa minoritaria è quello di approvare leggi che sopprimano le sue fonti di finanziamento. Ad esempio in India, la "Legge sulla regolamentazione della valuta estera" - la complicata serie di regole che limitano l'accesso ai finanziamenti esteri di tutti i gruppi locali (religiosi e non) che dipendono dagli aiuti esteri - ha portato alla sospensione dei servizi sociali a sostegno delle popolazioni più povere da parte delle organizzazioni religiose.
Nell’edizione del 2021 facevamo riferimento alla "persecuzione educata", il termine introdotto da Papa Francesco per descrivere le leggi che, con il pretesto della cultura e del progresso, prevalentemente in Occidente limitano i diritti fondamentali delle persone e in particolare il diritto all'obiezione di coscienza. In molti Paesi, questo concetto è diventato profetico, perché l'intolleranza si è trasformata in discriminazione quando sono state introdotte leggi che rendono “legale” la privazione dei diritti fondamentali dei cittadini. Gli operatori sanitari sono privati del diritto alla libertà di coscienza quando sono obbligati, sotto la minaccia di perdere il posto di lavoro, a partecipare a procedure come l'eutanasia o l'aborto tardivo, o quando una persona può essere arrestata per essersi fermata in silenzio e aver pregato all'interno della zona cuscinetto di una clinica abortista (si veda l'Analisi regionale dei Paesi OSCE).
Sviluppandosi da un recente fenomeno culturale - un'ondata crescente di nuove norme e concetti antropologici - una nuova sfida alle libertà di pensiero, coscienza e religione è il “discorso obbligato”. Le autorità, compresi i tribunali, hanno iniziato a introdurre nuove definizioni di identità personale, in cui tutti i cittadini non soltanto sono tenuti ad accettare pubblicamente norme che potrebbero considerare contrarie alla loro coscienza, ma sono altresì costretti a utilizzare le nuove definizioni, pena l’incorrere nel rischio di essere accusati di discorso d'odio. L’espressione così strettamente limitata diventa essa stessa un mezzo per negare l'obiezione di coscienza (si vedano l'Analisi Regionale America Latina e Caraibi e l’Approfondimento "Discorso obbligato").
Il caso dell'ex Ministro dell’Interno finlandese, Païvi Rasanen, evidenziato in questa pubblicazione (si veda il caso studio Finlandia), rivela un'altra sfida alla definizione vaga di discorso d'odio, ovvero la censura. Nell'aprile 2020, lo Stato ha denunciato la signora Rasanen con effetto retroattivo per aver condiviso una pubblicazione del 2004 sul matrimonio, che citava la Bibbia. L'obiezione di coscienza e la libertà di pensiero, anche per motivi religiosi, sono state violate o negate.
Fabbricare le minoranze
“Attacchi alle minoranze” è un'espressione spesso ripetuta, tuttavia permangono dubbi sul significato preciso di questa frase. In alcune culture, lo status di minoranza comporta alcuni privilegi ed ha pertanto una valenza positiva, mentre per altre questa denominazione è fuorviante, in quanto sembra ignorare la forza numerica delle comunità religiose in questione, così come la loro influenza storica e culturale più ampia all'interno della società, e il loro ruolo di rilievo in ambito scolastico e attraverso altri tipi di assistenza sociale. Di maggiore preoccupazione, tuttavia, sono le prove che rivelano come una minoranza numerica, economica o politica possa essere “fabbricata”, spingendo le comunità verso l'irrilevanza attraverso l'applicazione di misure violente e non violente, a vantaggio politico e/o economico del gruppo maggioritario.
I numeri sono importanti. Il 25 aprile 2023, il quotidiano britannico Financial Times ha evidenziato l'importanza dei dati demografici dei gruppi religiosi in India e in Nigeria, affermando il loro valore per quanto riguarda l'ottenimento e il mantenimento del potere. L'articolo affermava come «i dati demografici determinino in gran parte la rappresentanza politica e la quota di denaro nazionale distribuita a ciascuna regione». Nell’articolo si osservava inoltre che molti governi rimandano le indagini demografiche per decenni, per paura di trovare cambiamenti sfavorevoli nei dati relativi ai gruppi che sostengono il loro potere. Il rapporto proseguiva descrivendo «i leader politici, religiosi ed etnici locali accusati di gonfiare i numeri»[1].
I mezzi con cui i dati demografici religiosi possono essere manipolati sono numerosi, comprese le conseguenze apparentemente positive se una particolare religione viene adottata o mantenuta. Ad esempio, in Asia, Medio Oriente e Nord Africa, le schede Paese rivelano che, fornendo benefici materiali esclusivamente a una comunità religiosa, le autorità cercano di mantenerne la dimensione numerica al fine di ottenere un guadagno politico. Al livello più elementare, in Malesia, è consuetudine registrare tutti i nuovi nati come appartenenti alla religione di maggioranza, e spetta ai genitori contestarlo in seguito. In Pakistan, grazie all'imposizione di nuove leggi, l'accesso all'esercito e al governo, alle squadre sportive nazionali e ai lavori maggiormente retribuiti è aperto esclusivamente al gruppo religioso maggioritario. In India e in Libano, diverse "leggi sullo status personale" e regolamenti sulla "programmazione delle caste" offrono benefici economici esclusivamente a coloro che appartengono alla religione maggioritaria (si veda il caso studio Leggi che controllano la demografia religiosa).
Esempi di pressione negativa includono la proliferazione di leggi che rendono reato il cambiamento di religione. Le cosiddette leggi anti-conversione, che sono sempre più diffuse in tutta l'Asia e comportano multe e pene detentive sia per il convertito che per la guida spirituale, sono progettate per impedire ai gruppi di fede minoritari di invitare i membri interessati del gruppo di fede maggioritario a convertirsi. In Medio Oriente, la punizione per l'apostasia può arrivare fino alla pena di morte. Al contrario, la "riconversione" dalla comunità di fede minoritaria è incoraggiata mediante incentivi materiali offerti a coloro che si pentono e tornano alla fede maggioritaria. (Si veda l'Analisi regionale Asia e Medio Oriente).
Inoltre, diversi Paesi impongono alle minoranze religiose ostacoli alla partecipazione alla vita politica della nazione. Questi includono misure che vanno dalla riduzione della loro capacità di voto, fino al divieto assoluto per i membri delle minoranze religiose di assumere incarichi governativi. (Si vedano il Caso studio sul Libano e l'esodo cristiano, e le schede Paese di Afghanistan, Algeria, Arabia Saudita, Iran, Maldive, Malesia e Pakistan).
Infine, la forma più criminale di manipolazione demografica si verifica quando un gruppo religioso è costretto a diventare una minoranza a seguito di una discriminazione costante o di atrocità violente. Ad esempio, in Iraq e in Siria, la popolazione cristiana ha subito violenze mirate e ripetute che hanno stimolato l'emigrazione, riducendo così forzatamente una comunità religiosa minoritaria al punto da mettere in discussione la sua sopravvivenza a lungo termine.
Le migrazioni indotte dalla violenza estremista sono in ripresa in alcune parti dell'Africa. Le schede Paese indicano come i jihadisti affiliati ad Al-Qaeda e allo Stato Islamico stiano attaccando aree rurali relativamente poco difese al fine di guadagnare territorio, ed anche, come nella Repubblica Democratica del Congo e in Mozambico, aree ricche di materie prime. Sebbene la violenza islamista sia principalmente indiscriminata e colpisca indistintamente musulmani e cristiani, dal nostro ultimo Rapporto i jihadisti hanno preso di mira sempre più spesso i cristiani (si veda il Caso studio Lapidata a morte per un WhatsApp). Le aggressioni avvengono durante le celebrazioni cristiane e gli omicidi possono essere particolarmente raccapriccianti. Come osservato dal clero nello Stato di Benue, in Nigeria, a volte le vittime vengono prima uccise con un colpo di pistola e poi il loro volto viene tagliato con machete o altre armi «in modo che Dio non le riconosca». I terroristi prendono di mira anche sacerdoti o religiose, che vengono rapiti o uccisi, e incendiano cappelle e scuole. Un singolo attacco di questo tipo può allontanare l'intera popolazione di un villaggio, lasciandola senza abitazioni e nell'indigenza. Perdono le loro fonti di reddito, abbandonando i campi e le attività commerciali, mentre ai loro figli viene negata l'istruzione e l'assistenza sanitaria. Il risultato è che una regione viene svuotata della sua storica presenza religiosa ed emerge una nuova minoranza economica e politica, che ha bisogno di ogni supporto di base (si veda l’Approfondimento Nigeria, una democrazia fallimentare?).
Un'altra forma di violenza religiosa si sta verificando in America Latina e in altre regioni in via di sviluppo: l'identificazione delle religioni tradizionali come nemiche delle politiche pro-aborto e di altre norme che riguardano le donne. In Messico, Cile, Colombia, Argentina, così come in diversi Paesi occidentali, si verificano manifestazioni sempre più violente, come ad esempio quelle organizzate in occasione della "Giornata internazionale della donna" dell'ONU (8 marzo), che hanno incluso aggressioni ai danni di fedeli e danneggiamenti degli edifici religiosi. Le persone non hanno ricevuto alcun aiuto dalla polizia e da altri servizi di emergenza, mentre cercavano di difendere le loro chiese, i loro templi e altri edifici religiosi, mettendo a rischio la propria incolumità. Inoltre, in seguito alle violenze, le conseguenze legali per i responsabili sono state scarse o nulle, il che ha dato loro un certo senso di impunità (si vedano le Analisi regionali di America Latina e Caraibi, e dei Paesi OSCE). Nonostante queste e altre difficoltà descritte nell’analisi sull'America Latina, la regione è anche un faro di speranza, come si può vedere nelle rinnovate espressioni pubbliche di fede, in cui milioni di persone si sono unite in festeggiamenti gioiosi in tutto il continente dopo la revoca delle restrizioni sanitarie imposte a causa della pandemia di COVID-19 (si veda l’Approfondimento sulle Celebrazioni religiose).
Paradossalmente, il forte sostegno in difesa dei diritti delle donne cade nel silenzio di fronte al rapimento, alla conversione forzata e alla schiavitù sessuale di donne e ragazze appartenenti a minoranze religiose. Definiti eufemisticamente "matrimoni forzati", questi crimini - il rapimento, lo stupro e la conversione forzata di ragazze prevalentemente appartenenti alle minoranze indù e cristiane, spesso minorenni - sono almeno in parte motivati dal desiderio di limitare la crescita delle comunità religiose in questione, riducendo il numero di bambini nati in seno a quel gruppo religioso. In definitiva, se condotta su larga scala per un lungo periodo, tale attività criminale potrebbe contribuire alla scomparsa della minoranza. Si può pertanto parlare di un "atto di genocidio", ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del genocidio (si vedano la scheda Paese del Pakistan, e l’Analisi regionale dell’Africa).
Nessun Paese occidentale può affermare con sincerità di non essere a conoscenza degli abusi che si verificano nella Penisola Arabica, in Cina, in Pakistan e in Nigeria. Con l'Occidente che guarda dall'altra parte, spesso motivato dalla necessità di garantire la fornitura di risorse naturali ed energetiche, i responsabili diventano più assertivi e rendono la legislazione locale più restrittiva. In questo modo, l'impunità dei colpevoli viene tacitamente garantita dalla “comunità internazionale”. Il Pakistan può essere nuovamente citato come un caso studio, poiché la legge sulla blasfemia, recentemente ampliata, copre anche gli insulti alla famiglia del Profeta, e l’islamocentrico Programma Scolastico Unico Nazionale obbligatorio per tutte le scuole, contribuisce ad alimentare atteggiamenti discriminatori nei confronti delle minoranze religiose (si vedano le Analisi Regionali di Medio Oriente e Nord Africa, Asia e Africa). Nonostante ciò, vi sono alcuni sviluppi positivi in Occidente, come la nuova propensione ad applicare sanzioni mirate e personali a singoli trasgressori piuttosto che a interi Stati, definite in alcuni Paesi come «sanzioni Magnitsky».
Un importante faro di speranza è rappresentato dal fatto che, dato che un numero maggiore di persone nel mondo si identifica come credente[2], aumenta la tendenza a sostenere il dialogo interreligioso. Non solo Papa Francesco ha proseguito nel suo avvicinamento ai diversi rami dell'Islam, ma anche la più grande organizzazione musulmana, l'indonesiana Nadhlatul Ulama, ha avviato un dialogo strutturato con i leader religiosi indù durante gli incontri del G20 del 2022, con un follow-up previsto per il 2023 in India (si veda l’Approfondimento: Verso un più completo dialogo islamo-cattolico).
[1] Reed, J e Adeoye, A. “India believed to be the most populous nation”, Financial Times, 25 aprile 2023, p. 2.
[2] "Key Findings from the Global Religious Futures Project", Pew Research Center, 21 dicembre 2022; https://www.pewresearch.org/religion/2022/12/21/key-findings-from-the-global-religious-futures-project/