Quadro giuridico relativo alla libertà religiosa ed effettiva applicazione
L’articolo 1 della Costituzione dello Yemen del 1991, che teoricamente si applica alle aree controllate dal governo (ovvero soltanto il 20-30 percento della popolazione), dichiara che il Paese è uno Stato arabo indipendente. L’articolo 2 indica l’Islam come religione di Stato. L’articolo 3 afferma che «la sharia islamica è la fonte di tutta la legislazione».
Il Presidente deve essere un musulmano che «mette in pratica i suoi doveri islamici» (Articolo 107, comma d). Anche se i non musulmani possono candidarsi alla Camera dei Rappresentanti, questi devono «adempiere ai loro doveri religiosi» (Articolo 64, b-4).
Al momento di assunzione dell’incarico, il Presidente, il suo vice, i membri della Camera dei Rappresentanti, il Primo Ministro e i membri del Gabinetto, il Presidente della Camera e i membri del Consiglio Consultivo prestano giuramento dicendo: «Giuro su Allah Onnipotente: di aderire al Corano (il Libro di Dio) e alle tradizioni stabilite dal Profeta Maometto» (Articolo 160) .
Ufficialmente, le «libertà di pensiero e di espressione delle opinioni» sono tutelate dall'articolo 42 «nei limiti stabiliti dalla legge» e la Costituzione dichiara che lo Stato aderisce alla legge internazionale sui diritti umani. In pratica, però, né la Carta costituzionale, né altre leggi tutelano le libertà di religione, di credo o di coscienza. Il proselitismo è vietato, così come la conversione dall'Islam ad un'altra religione. Anche la derisione della religione è vietata.
In generale, è richiesta l'autorizzazione del governo per la costruzione di tutti i nuovi edifici, il che include implicitamente i luoghi di culto, sebbene non siano specificamente menzionati.
L'articolo 52 afferma: «Le residenze, i luoghi di culto e le istituzioni educative hanno una sacralità che non può essere violata mediante la sorveglianza o la perquisizione, ad eccezione dei casi previsti dalla legge». L'articolo 60 (implicitamente riferito all'Islam) stabilisce che: «La difesa della religione e della patria è un dovere sacro, il dovere militare è un onore e il servizio di leva deve essere regolato dalla legge».
L'educazione religiosa islamica è obbligatoria nelle scuole. Nelle regioni controllate dal governo, gli istituti sono tenuti a seguire un medesimo stesso programma di studi sia per gli alunni sunniti che per quelli sciiti. Nelle aree controllate dagli houthi, vengono insegnati i principi dello Sciismo zaidita. Altre forme di educazione religiosa non sono previste nelle scuole pubbliche. Vi sono state segnalazioni di continui tentativi da parte degli houthi per imporre le loro pratiche religiose ai residenti non zaydi nelle aree settentrionali sotto il loro controllo. Il gruppo armato avrebbe inoltre vietato la musica, imposto alle donne di indossare il velo integrale e proibito la mescolanza dei sessi nei caffè, a meno che le coppie non abbiano figli o siano in possesso di un certificato di matrimonio.
Dopo l'unificazione dello Yemen del Nord e dello Yemen del Sud nel 1990, si sono tenute tre elezioni parlamentari, l'ultima delle quali nel 2003. Le consultazioni previste per il 2009 sono state annullate a causa di una disputa legale sulla riforma elettorale. Il Presidente Ali Abdullah Saleh si è dimesso nel 2012 ed è stato sostituito da Abdrabbuh Mansur Hadi, eletto per un periodo di transizione di due anni alla guida di un governo di unità nazionale. Questa soluzione si è rivelata di breve durata, in quanto la principale forza politica degli houthi, “Ansar Allah” - ribelli sciiti houthi dell'ex Yemen del Nord - si è alleata con l'ex Presidente Saleh e ha inscenato un golpe armato contro il governo nel 2014. Hadi si è dimesso nel gennaio 2015 ed è fuggito ad Aden. Di conseguenza, i ribelli hanno preso il controllo della capitale, Sanaa, e del palazzo presidenziale. Il governo saudita è intervenuto rapidamente e il 26 marzo 2015, la coalizione a guida saudita ha lanciato un'operazione militare denominata "Restoring Hope" per far reinsediare il Presidente Hadi .
Oggi il governo riconosciuto a livello internazionale del Presidente Abdrabbuh Mansur Hadi ha «perso il controllo sulla maggior parte della popolazione, del territorio e dei confini della Repubblica dello Yemen», mentre «gruppi politici, organizzazioni islamiste militanti e milizie, alcune delle quali sponsorizzate da membri della coalizione a guida saudita, hanno preso il sopravvento». I ripetuti combattimenti tra sciiti, sunniti, jihadisti e gruppi tribali hanno fatto sprofondare il Paese più povero del Medio Oriente in uno stato di guerra civile permanente.
Un cessate il fuoco sostenuto dalle Nazioni Unite è entrato in vigore nell'aprile 2022, ma non è stato prorogato dopo la scadenza del 2 ottobre 2022.
Nel giugno 2015, l'Unione Europea ha imposto un divieto di viaggio al leader houthi Abdul Malik al-Houthi e ad Ahmed Ali Abdullah Saleh, figlio dell'ex presidente, e ha congelato i loro beni in ragione del ruolo da loro svolto nel minare la pace e la stabilità dello Yemen.
Episodi rilevanti e sviluppi
La guerra in atto tra la coalizione a guida saudita e gli houthi sostenuti dall'Iran ha causato una delle più grandi crisi umanitarie del mondo, che include un'epidemia di colera. Secondo un rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione del 2022, lo Yemen soffre a causa: «di un conflitto violento, del blocco economico, del crollo della valuta, di disastri naturali e della pandemia COVID-19» che hanno causato 4,3 milioni di sfollati e costretto quasi tre quarti della popolazione (23,4 milioni di persone) a dipendere dagli aiuti umanitari. Le organizzazioni delle Nazioni Unite segnalano un'imminente carestia.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il numero totale di casi sospetti di colera segnalati dall'ottobre 2016 all'aprile 2021 sarebbe da stimarsi attorno ai 2,5 milioni di persone, con quasi 4.000 decessi correlati, ovvero un tasso di mortalità dello 0,16 percento.
I gruppi religiosi minoritari come i baha’i, i cristiani, gli indù e gli ebrei hanno riportato alti livelli di maltrattamenti, soprattutto nelle aree controllate dagli houthi. Questi ultimi hanno arrestato numerosi baha’i, facendo irruzione nelle loro case e nei loro centri religiosi. Gli ebrei, l'unico gruppo locale non-islamico, devono affrontare un crescente antisemitismo, che include espressioni e contenuti antisemiti all’interno dei libri di testo, e tentativi di conversione forzata all'Islam. A causa del conflitto in corso, non è stato possibile monitorare la situazione dei musulmani ismailiti.
Il governo dello Yemen, riconosciuto a livello internazionale, è stato indebolito dall'insurrezione houthi e non ha la capacità di far rispettare le leggi. Ufficialmente, la Costituzione si applica solo alle regioni sotto il controllo governativo. Le popolazioni delle regioni controllate dagli houthi vivono in condizioni più gravi.
Sebbene i gruppi terroristici come Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) o l’ISIS-Y (affiliato dello Stato Islamico operante nel Paese) sembrino attualmente indeboliti, il primo è ancora presente «nelle province centrali e orientali». La priorità dell’AQAP è di stabilire il controllo dei porti lungo il Golfo di Aden e delle infrastrutture per l’estrazione del petrolio e del gas. Secondo un rapporto sullo Yemen redatto dalle Nazioni Unite nell'ottobre 2021, il numero di uccisioni arbitrarie, sparizioni, rapimenti e altri atti di violenza commessi dai vari gruppi è tuttora notevole. Lo studio elenca anche le violazioni dei diritti alla privacy e le limitazioni alle libertà di parola, stampa, assemblea, associazione, religione e movimento.
Secondo il Dipartimento di Stato statunitense, alla fine del 2021, gli houthi controllavano un terzo della parte occidentale del Paese, dove vive tra il 70 e l’80 percento della popolazione, che potrebbe subire diverse forme di persecuzione. Le più a rischio sono le comunità religiose.
In Yemen sono probabilmente rimasti soltanto 10 ebrei. Nel 2021, 13 appartenenti alla comunità ebraica sono emigrati in Egitto, mentre altre famiglie si sono trasferite negli Emirati Arabi Uniti. Secondo il dottor Elie Abadie, Rabbino anziano del Consiglio Ebraico degli Emirati negli Emirati Arabi Uniti, le autorità di Abu Dhabi hanno impiegato due giorni per accettare la sua richiesta di lasciar entrare queste famiglie, e 10 giorni per attuare la decisione.
Il numero esatto di cristiani rimasti in Yemen è difficile da valutare, ad ogni modo la comunità si sta riducendo a causa delle violenze e delle persecuzioni. Trattandosi di una nazione islamica con leggi sulla blasfemia e sull'apostasia in vigore, i cristiani, gli ebrei, i baha’i, e le altre minoranze religiose sono particolarmente vulnerabili. Prima della conquista della capitale yemenita da parte degli houthi, i cristiani praticavano la loro fede in segreto nelle loro case a Sanaa, Taiz e Marib. Oggi la maggior parte dei cristiani - stimati in circa 2.000 secondo l'organo di informazione legato all'Arabia Saudita Asharq Al-Awsat - «è emigrata dallo Yemen ed ha transitato a Beirut o a Cipro, prima di trasferirsi in altri Paesi». Si stima che anche i baha'i nello Yemen siano circa 2.000 e che subiscano un simile grado di persecuzione.
Il 12 gennaio 2021, il Ministro yemenita dell'Informazione, della Cultura e del Turismo Muammar Al-Eryani ha postato il seguente messaggio su Twitter: «La milizia houthi sostenuta dall'Iran continua a perseguitare le minoranze nell'ambito del processo illegale di 24 membri della comunità baha'i, sei dei quali sono stati costretti a lasciare lo Yemen dopo essere stati detenuti e dopo che i loro beni erano stati saccheggiati in evidente violazione del diritto umanitario (internazionale)». Nell'aprile dello stesso anno, Al-Eryani ha rilasciato una dichiarazione attraverso il notiziario ufficiale del governo, il Saba, condannando la persecuzione perpetrata dagli houthi ai danni di ebrei e baha'i. Nell'agosto 2021, il ministro ha scritto: «I membri della comunità baha'i subiscono atti di terrorismo organizzato da parte delle milizie houthi», aggiungendo che il governo aveva condannato gli houthi perché hanno costretto le ultime tre famiglie ebree a lasciare il Paese e perché continuano a detenere Levi Salem Musa Marhabi. Al momento della stesura del presente documento, l'uomo è ancora detenuto nonostante la decisione della Corte d'Appello houthi del 2019 di liberarlo.
A febbraio, due giornali di influenza saudita hanno riferito della sorte dei cristiani sotto gli houthi. Tra gli altri argomenti, gli articoli hanno parlato delle persecuzioni cristiane e, più specificamente, del caso di un convertito, Mushir Khalidi, che è diventato sacerdote. Secondo gli autori, Khalidi e altri convertiti sono stati tenuti in isolamento e costretti a rinunciare alla loro fede. Sempre stando alla stessa fonte, il leader degli houthi, Khaled al-Madani, responsabile del monitoraggio dei cosiddetti «segni di occidentalizzazione», è anche incaricato di reprimere i cristiani, di decidere in quali ambiti professionali le donne possono lavorare e di esaminare il codice di abbigliamento.
Nello stesso mese, l'amministrazione Biden ha formalmente cancellato il movimento houthi dello Yemen dalla lista delle «organizzazioni terroristiche straniere». La mossa ha invertito la designazione di Trump del 19 gennaio, che secondo le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie rischiava di peggiorare la già terribile situazione umanitaria.
Sempre a febbraio, la Comunità internazionale baha'i ha pubblicato una dichiarazione in cui informava che gli houthi continuavano a «intimidire e mettere in pericolo la vita dei baha'i». La dichiarazione sottolineava il fatto che 19 baha'i, accusati, imprigionati e poi espulsi dal Paese, avrebbero dovuto affrontare un nuovo processo. I 19 potevano scegliere se partecipare al processo ed essere incarcerati, oppure non tornare nello Yemen ed essere considerati latitanti.
Ad aprile, dei miliziani houthi sono apparsi sui social media mentre facevano il saluto nazista e gridavano, tra le altre cose, «Allah è più grande, morte all'America, morte a Israele, maledizione agli ebrei, vittoria all'Islam». Nel novembre 2020, un video simile era stato trasmesso dall'Ambasciata dello Yemen a Washington.
Il 10 giugno, secondo un rapporto della Coalizione yemenita per il monitoraggio delle violazioni dei diritti umani (YCMHRV), gli houthi hanno attaccato una moschea nel quartiere di al-Mujama'a (Governatorato di Ma'rib) durante l'ora della preghiera, uccidendo 11 civili.
Un rapporto relativo al periodo compreso tra il 10 settembre e il 1° ottobre, pubblicato dall'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR), il Gruppo di Eminenti Esperti Internazionali e Regionali sullo Yemen, ha osservato che nel marzo 2021 il leader degli houthi, Abdul Malik al-Houthi, aveva dichiarato quanto segue sulle comunità baha'i ed ebraiche: «Non vogliono coesistere... vogliono sottrarre la sovranità all'Islam». Lo stesso studio ha indagato sui casi di reclutamento di bambini da parte della coalizione e del governo yemenita per l'addestramento in Arabia Saudita, nonché sull'incarcerazione di bambini accusati di essere presumibilmente legati all'altra fazione in guerra.
Il 6 ottobre, l'organizzazione contro la pena capitale Eleos Justice, con sede in Australia, ha pubblicato un articolo sul leader baha'i yemenita Hamed Kamal bin Haydara. Haydara ha descritto il suo calvario e ha raccontato come nelle zone controllate dagli houthi i baha'i vengano torturati e subiscano uno «sterminio sistematico e silenzioso». Haydara è stato arrestato nel 2013, accusato di apostasia e spionaggio nel 2015 e condannato a morte nel 2018. È stato rilasciato nel 2020.
Il 31 ottobre, una scuola religiosa a maggioranza sunnita nel distretto di Juba, governatorato di Ma'rib, è stata colpita da missili lanciati dagli houthi. Decine di persone, tra cui donne e bambini, sono rimaste uccise e ferite.
Il 19 gennaio 2022, dopo gli attacchi missilistici degli houthi contro gli Emirati Arabi Uniti, il Presidente Biden ha dichiarato che «la sua amministrazione sta valutando la possibilità di designare nuovamente il movimento houthi dello Yemen come organizzazione terroristica internazionale». Tra i sostenitori della nuova designazione vi sono gli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita e Israele, nonostante gli oppositori, tra cui l'ONU, abbiano avvertito che la mossa potrebbe «provocare un collasso dell'economia yemenita e accelerare la caduta del Paese più povero della regione verso la carestia».
Il 26 gennaio 2022, il Gruppo di esperti delle Nazioni Unite sullo Yemen ha inviato al Presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite un rapporto di 300 pagine sulla situazione nel Paese. Tra le altre cose, l’analisi ha evidenziato la «persecuzione sistematica» degli ebrei yemeniti da parte degli houthi. Nello stesso rapporto, Abdul Malik al-Houthi ha affermato che una nazione occidentale stava cercando di diffondere il Baha'ismo, l'Islam ahmadi e l'ateismo nello Yemen, al fine di minare l'Islam. A causa della carica ricoperta dal leader houthi, queste dichiarazioni incoraggiano la persecuzione sistematica delle minoranze religiose.
In un'intervista rilasciata a gennaio, il Vicario Apostolico dell'Arabia Meridionale, monsignor Paul Hinder, ha descritto la guerra come «un conflitto messo a tacere», lamentando la mancanza di volontà politica di porre fine alla guerra, poiché vi sono «meno interessi economici in gioco nello Yemen» rispetto ad altre regioni. Il presule ha concluso avvertendo che la mancanza di attenzione internazionale è «un fatale autoinganno, perché il Paese ha una posizione strategica. Le potenze regionali del Medio Oriente hanno preso nota, ma gli altri sembrano dormire... A meno che non abbiano la possibilità di vendere armi!».
Il vescovo ha anche parlato della presenza cattolica nel Paese, osservando che nella capitale e ad Al Hudaydah vi sono otto Suore Missionarie della Carità e un sacerdote cattolico, «ma la situazione di divisione e l’insicurezza limitano la loro attività».
All'inizio di aprile, il governo sostenuto dai sauditi e i ribelli houthi sostenuti dall'Iran hanno firmato un accordo di cessate il fuoco. La tregua è stata rinnovata il 2 giugno per altri due mesi, ma è crollata il 2 ottobre. Il Consiglio norvegese per i rifugiati stima che la tregua «abbia comportato un calo del 50 percento delle vittime civili nel primo mese».
Il 17 agosto, Arab News ha riferito che alcuni bambini sono stati reclutati dagli houthi attraverso incentivi finanziari e condotti in “campi estivi”, dove è stato insegnato loro che il “vero Islam” implica la fedeltà agli houthi e l'odio verso Israele e gli Stati Uniti. Secondo un rapporto del 29 giugno 2021 della ONG Seyag Childhood Protection, con sede a Sanaa, gli houthi hanno arruolato almeno mezzo milione di bambini nel 2021 e li ha addestrati in 6.000 “campi estivi”.
Il 6 ottobre 2022, la Comunità internazionale baha'i si è rivolta al 51° Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, illustrando le difficili condizioni dei baha'i nello Yemen. I rappresentanti hanno affermato che: «I baha’i yemeniti continuano ad essere sistematicamente perseguitati dagli houthi semplicemente a causa della loro affiliazione religiosa. Attualmente, 24 baha’i sono ancora sotto accusa. Nel frattempo, le autorità hanno classificato come fuggitivi i sei baha’i che sono stati ingiustamente detenuti e torturati a Sanaa e successivamente espulsi dal Paese».
A dicembre, le Nazioni Unite hanno stimato che da quando i combattimenti si sono intensificati nel 2015, «circa 375.000 persone, ovvero l'1,25 percento della popolazione totale, sono morte a causa delle violenze belliche», con più di 11.000 bambini feriti o uccisi.
Prospettive per la libertà religiosa
La guerra civile in corso minaccia la coesione della società yemenita e la sicurezza della popolazione locale. La durata e l'intensificazione del conflitto armato rendono sempre più difficili i colloqui a livello nazionale. Approfittando dell'instabilità socio-politica e dello scarso livello di sicurezza del Paese, Stati stranieri e gruppi islamisti radicali, provenienti da diverse aree geografiche e tendenze politiche e ideologiche, hanno trasformato lo Yemen in una base per le loro operazioni. I continui combattimenti e le forti tensioni rimangono un motivo di preoccupazione, in quanto influenzano la vita di milioni di yemeniti. Finché l'attuale conflitto continuerà, i diritti umani e le libertà, inclusa la libertà religiosa, avranno poca o nessuna importanza. Le prospettive per gli yemeniti sono pertanto negative.