Quadro giuridico relativo alla libertà religiosa ed effettiva applicazione
L’Oman è un sultanato che si affaccia sul Golfo di omonimo e sull’Oceano Indiano. I dati relativi ai gruppi religiosi non sono resi noti dal governo, ma secondo un rapporto del 2015 dell’Al-Mesbar Studies and Center, con sede a Dubai, i musulmani sunniti all’epoca costituivano quasi il 50 percento della popolazione e i musulmani ibaditi - che comprendono la dinastia al potere - il 45 percento. Gli ibaditi non sono né sunniti né sciiti ma discendono da un antico ramo dell’Islam. I musulmani sciiti, gli induisti e i cristiani rappresentano il 5 percento della popolazione totale. Vi è un esiguo numero di famiglie cristiane e indù che si sono naturalizzate. La comunità induista è presente da secoli nel Paese e si è insediata originariamente a Muscat.
Circa due terzi della popolazione residente sono composti da cittadini omaniti. I residenti privi di cittadinanza, che sono in gran parte lavoratori stranieri dell'Asia meridionale, includono cristiani, indù, buddisti e sikh, e costituiscono circa il 30 percento della popolazione del Paese. Le religioni praticate dai non cittadini comprendono l'Induismo, l'Islam, il Buddismo, il Sikhismo, il Baha'ismo e il Cristianesimo.
Tra i gruppi non musulmani, il Ministero delle dotazioni e degli affari religiosi (MERA) riconosce la Chiesa cattolica in Oman, la Chiesa protestante dell’Oman (una unione tra la Chiesa riformata d’America e la Chiesa anglicana), il Centro Al Amana (un’organizzazione protestante che promuove il dialogo e l’apprendimento reciproco tra musulmani e cristiani), il Tempio indù Mahajan e la Società commerciale Anwar Al-Ghubaira di Muscat (Sikh). Ogni organizzazione religiosa è tenuta a fornire al Ministero delle dotazioni e degli affari religiosi informazioni sul credo religioso della propria comunità e i nomi dei propri leader. Il suddetto ministero è anche incaricato di concedere l’autorizzazione per la formazione di nuovi gruppi islamici.
In Oman vi sono quattro parrocchie cattoliche appartenenti alla giurisdizione del Vicariato Apostolico dell’Arabia Meridionale (AVOSA) . Secondo fonti della Chiesa locale, la popolazione cattolica nel Paese conta circa 55.000 persone.
La Costituzione del 1996, emendata nel 2011, afferma all’articolo 1 che «il Sultanato dell’Oman è uno Stato arabo, islamico, indipendente e con piena sovranità». All’articolo 2 si dichiara che «La religione dello Stato è l’Islam e la sharia islamica è il fondamento della legislazione». All’articolo 28 si legge inoltre: «la libertà di praticare riti religiosi è tutelata in accordo con i costumi riconosciuti, a patto che non venga violato l’ordine pubblico o contraddetta la morale».
L’Oman non ha una legge che punisca l’apostasia, ovvero l’abbandono della fede islamica. Tuttavia, un padre che si converte dall’Islam ad un’altra fede perde i propri diritti di paternità sui figli.
Sebbene non esistano corti shariatiche, i princìpi della sharia sono incorporati nella legislazione civile, commerciale e penale. I casi sono decisi dai tribunali civili in conformità con la normativa civile non religiosa. La legge stabilisce che i musulmani sciiti possono risolvere i casi di famiglia e di diritto personale seguendo la giurisprudenza sciita in ambito extragiudiziale e che mantengono il diritto di trasferire i loro casi ai tribunali civili se non sono in grado di risolverli in conformità con la tradizione religiosa sciita. I non musulmani possono cercare di risolvere le controversie familiari o di stato personale in base al diritto civile o alle regole religiose della propria fede.
Il Sultano Haitham bin Tarik Al Said governa il Sultanato dell'Oman dal gennaio 2020. Sebbene i ministeri e il Majlis Oman (Parlamento bicamerale) possano redigere leggi su questioni non legate alla sicurezza e i cittadini possano offrire il proprio contributo attraverso i loro rappresentanti eletti, il Sultano ha il diritto di attuare le leggi mediante decreto reale.
Nel gennaio 2018, è stato approvato un nuovo Codice Penale che include pene più severe per chi «profana il Corano» o «offende l’Islam o qualsiasi religione [abramitica]». Ai sensi dell’articolo 269, la pena detentiva massima per il reato di blasfemia è stata aumentata da tre a dieci anni. Per coloro che, senza previa autorizzazione, «formano, finanziano, [o] organizzano un gruppo [...] avente lo scopo di minare l’Islam [...] o di sostenere altre religioni» la pena può arrivare a sette anni. La pena massima per «tenere una riunione al di fuori dei luoghi approvati dal governo e al fine di promuovere un’altra religione» è di tre anni.
Il nuovo Codice non menziona le altre fedi. Tuttavia, lo stesso punisce l’utilizzo di Internet volto a «pregiudicare l’ordine pubblico o i valori religiosi» e impone per tale reato una «pena detentiva compresa tra un mese e un anno di prigione e una multa non inferiore a 1.000 rial omaniti».
Per le questioni relative ad eredità e matrimoni (Legge 32 dello statuto personale del 1997) la sharia (legge islamica) è applicata anche ai non musulmani.
Gli imam devono possedere una licenza e predicare i sermoni approvati e distribuiti dal governo. Sebbene il proselitismo pubblico sia proibito, alcuni “centri di propaganda islamica” sono accettati dal governo.
I gruppi non musulmani possono praticare senza interferenze la propria religione secondo i propri valori, costumi e tradizioni, ma solo su terreni «specificamente donati dal Sultano e destinati al culto collettivo». Gli incontri religiosi sono consentiti esclusivamente all’interno di luoghi di culto approvati dal governo. I gruppi non musulmani hanno chiesto più spazio per risolvere i problemi di sovraffollamento.
Secondo la Legge Fondamentale dello Stato (anche nota come Statuto Fondamentale dello Stato), stabilita dal Decreto Reale n. 6/2021, l'erede del Sultano deve essere di religione islamica, sano di mente e figlio legittimo di genitori omaniti musulmani.
Episodi rilevanti e sviluppi
Nel novembre 2020, il Responsabile per gli Affari Globali del Ministero degli Affari Esteri ha partecipato a un incontro virtuale con i funzionari dell'American Jewish Committee (AJC) nell'ambito di un programma di sensibilizzazione della nazione nei confronti degli appartenenti ai gruppi religiosi non musulmani. Un incontro simile ha avuto luogo anche nel 2021.
Il 10 maggio 2021, il Gran Muftì Sheikh Ahmad bin Hamad Al-Khalili, nominato dal governo, ha inviato un messaggio in cui descriveva gli scontri tra la polizia israeliana e i manifestanti palestinesi presso la Moschea Al-Aqsa come un «tentativo di inquinare» la moschea «da parte dei nemici di Dio, i corruttori». Il religioso islamico ha definito l'occupazione israeliana «sporca» e «profanatrice», nonché un «palese complotto contro l'Islam».
Tra il 24 luglio e il 2 agosto 2021, nell’ambito del cosiddetto "caso #Ghaith_spaces", diversi giovani omaniti attivisti dei social media sono stati arrestati per aver intrattenuto conversazioni private online sulla libertà di pensiero e di religione, che trattavano anche la questione dell'ateismo. A carico di Ghaith Al-Shibli, Ali Al-Ghafri, Maryam Al-Nuaimi e Abdullah Hassan, sono state formulate accuse di blasfemia e di uso improprio della tecnologia (si veda di seguito). Nell'ottobre 2021, i quattro sono stati liberati su cauzione mentre il loro caso era ancora aperto.
Il Ministero delle dotazioni e degli affari religiosi ha informalmente consentito alla Chiesa Protestante dell'Oman di ospitare le funzioni religiose di organizzazioni religiose prive di luoghi di culto propri. Inoltre, lo stesso dicastero ha permesso all'Ambasciata dello Sri Lanka di tenere servizi religiosi e rituali buddisti nei propri terreni. I leader della comunità cristiana e il Ministero hanno dichiarato che stanno lavorando insieme per costruire un secondo cimitero cristiano, poiché il primo è ormai giunto al limite della propria capacità.
Ogni anno, il Ministero delle dotazioni e degli affari religiosi ospita eventi in occasione della Giornata Internazionale della Tolleranza dell'UNESCO, che si celebra il 16 e il 17 novembre.
Secondo i leader delle minoranze religiose, la polizia reale dell'Oman ha raccolto informazioni sull'appartenenza religiosa degli stranieri che richiedono il visto di lavoro.
Il 25 marzo 2022, monsignor Paul Hinder, ex vicario apostolico dell'Arabia meridionale, ha celebrato la prima ordinazione sacerdotale nella storia della Chiesa locale nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Mascate. Ad essere ordinato è stato don Dickson Eugene, nato a Bangalore (India) e cresciuto in Oman dove ha ricevuto la vocazione.
Il 27 maggio, il Patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Yohanna X Yazigi, ha celebrato la prima liturgia in una nuova chiesa dedicata al Santo Martire Aretas a Muscat. Era presente il Ministro delle Dotazioni e degli affari religiosi, Sheikh Abdullah bin Muhammad bin Abdullah Al-Salmi. Il terreno su cui sorge la nuova chiesa è stato concesso dal defunto Sultano Quabus bin Said al Said.
A giugno, i musulmani hanno denunciato alcuni commenti sul Profeta Maometto di due politici indiani appartenenti al partito politico del Bharatiya Janata Party (BJP). Il Gran Muftì dell'Oman, Sheikh Ahmad bin Hamad Al-Khalili, la principale figura religiosa del Paese, ha dichiarato che i commenti di Nupur Sharma rappresentavano «una guerra a tutti i musulmani» e una questione che «invita tutti gli islamici a ribellarsi insieme come un'unica nazione».
Come precedentemente menzionato, gli attivisti Al-Shibli, Hassan, Al-Nuaimi e Al-Ghafri sono stati arrestati nel luglio-agosto 2021 in quello che è noto come il caso #Ghaith_spaces. I loro telefoni cellulari sono stati confiscati e gli account Twitter disattivati. Il 7 giugno 2022, il tribunale ha prosciolto Ghaith Al-Shibli da tutte le accuse per mancanza di responsabilità. Ma Maryam Al-Nuaimi e Ali Al-Ghafri sono stati condannati rispettivamente a tre e cinque anni di carcere. Il caso di Abdullah Hassan è stato rinviato ad un tribunale specializzato.
Al-Shibli era stato precedentemente accusato di «insultare e offendere l'Essenza Divina» e di «utilizzare Internet per incitare e indurre a commettere atti di depravazione», a causa di un suo precedente tweet sulla corruzione all'interno del governo. Nel tweet era anche un riferimento minore al Profeta Noè, che è stato utilizzato dall'accusa nella denuncia.
Gli attivisti hanno condannato in rete la sentenza, utilizzando hashtag divenuti di tendenza che chiedevano la liberazione degli accusati, tra cui #Libertà_per_i_prigionieri_di_coscienza (#Freedom_for_prisoners_of_conscience). Altri hanno affermato che la condanna degli attivisti costituiva un pericoloso precedente nel Sultanato. Secondo il Centro omanita per i Diritti Umani (OCHR), le prove utilizzate per condannare gli imputati si sono basate sulle loro informazioni e comunicazioni internet private, il che ha costituito una violazione della loro privacy.
Myriam Al-Nuaimi è stata accusata di «insultare le religioni monoteiste» perché avrebbe inviato dei messaggi WhatsApp che insinuavano che «le religioni sono patriarcali». Le organizzazioni per i diritti delle donne hanno avviato una campagna per la sua liberazione. A loro avviso, la donna è stata messa in isolamento, pregiudicandone la salute mentale e fisica. Secondo il Centro del Golfo per i Diritti Umani (GCHR), Al-Ghafiri è stata condannata per aver «insultato e offeso Dio».
Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato le condanne degli attivisti online, chiedendo l'annullamento delle sentenze e la sospensione dei procedimenti giudiziari contro di loro. Le stesse organizzazioni hanno chiesto inoltre l'abrogazione di qualsiasi altra legge che limiti le libertà e i diritti delle persone, compreso l'articolo 269 del Codice Penale omanita.
Secondo Amnesty International, nel Sultanato dell'Oman vi sono continue restrizioni alla libertà di parola e negli ultimi anni le autorità hanno incarcerato diversi attivisti perché accusati di aver criticato le azioni del governo. Un esempio di ciò è stata la cancellazione nel dicembre 2021 del programma radiofonico "Tutte le domande", a seguito delle critiche mosse durante un'intervista da un membro del Consiglio della Shura alla leadership del Consiglio.
Prospettive per la libertà religiosa
Nonostante le tensioni in corso, e in particolare i conflitti regionali tra sunniti e sciiti, l'Oman riesce a mantenere una posizione relativamente neutrale - condividendo persino buone relazioni con l'Iran, nonostante le pressioni locali.
In generale, le autorità si impegnano a rispettare la libertà religiosa, cercando di assicurare che i fedeli possano riunirsi per praticare il culto, gestire scuole, eventi religiosi e servizi liturgici. In occasione della prima liturgia in una nuova chiesa dedicata al Santo Martire Aretas a Muscat, il Patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Yohanna X Yazigi, ha sottolineato «l'importanza del Sultanato ai fini della promozione dei valori di “tolleranza, armonia e concordia”, sottolineando come sia un un luogo dove ognuno “si sente come nella propria terra e in mezzo alla propria famiglia”». Monsignor Hinder, vicario apostolico emerito dell'Arabia meridionale, ha affermato che la Chiesa cattolica in Oman è una «realtà migrante composta da lavoratori indiani, filippini, europei, americani e africani, all'interno della quale è forte lo “spirito di comunità”». I parrocchiani non sono «cittadini dell'Oman», ma immigrati che possono «incontrarsi, celebrare l'Eucaristia e pregare beneficiando della libertà di culto».
Nonostante questa tolleranza generale nei confronti delle comunità religiose, nel periodo in esame si sono rilevate tendenze a restrizioni più severe nei confronti della libertà di parola, che se non controllate influenzeranno altri diritti umani, tra cui la libertà religiosa. Nonostante ciò, le prospettive per la libertà religiosa rimangono positive.