Salman bin Abdulaziz Al Saud, re dell’Arabia Saudita dal 2015, è sia capo dello Stato che capo del governo. In base alla legge fondamentale di governo del 1992 il re, che è un sovrano assoluto, deve seguire la sharia (legge islamica). La «Costituzione del Regno è il Libro di Dio Onnipotente, il Santo Corano, e la Sunna (le tradizioni) del Profeta (PBSL)».
Sotto il defunto re Abdullah (2005-2015), il Regno ha vissuto una graduale modernizzazione. Con circa il 17 per cento delle riserve mondiali di petrolio conosciute, l’Arabia Saudita è uno dei Paesi più ricchi della regione e una delle principali potenze politiche e religiose del mondo arabo.
Negli ultimi anni, le richieste di riforme politiche sono aumentate insieme alle istanze di cambiamenti sociali, tra cui il riconoscimento del diritto di guidare delle donne e quello di alcune forme di libertà di espressione. Al fine di ridurre la dipendenza dalle entrate del petrolio, nel 2016 il governo saudita ha adottato degli ambiziosi piani di riforme economiche: il progetto “Vision 2030” e il “Programma di trasformazione nazionale 2020”.
Un censimento non ufficiale effettuato dal Vicariato Apostolico dell’Arabia Settentrionale stima in 1,5 milioni i cattolici presenti in Arabia Saudita, una comunità costituita in prevalenza da lavoratori stranieri provenienti da India e Filippine. Alcuni rapporti indicano un numero crescente di sauditi che si definiscono atei o cristiani. Tuttavia, a causa delle gravi conseguenze sociali e giuridiche che comporta l’abbandono della fede islamica, i convertiti sono costretti a tacere sulla loro nuova religione. Il Regno non ha legami diplomatici ufficiali con la Santa Sede.
L’Arabia Saudita è il luogo di nascita dell’Islam ed è sede delle sue due città più sacre – La Mecca e Medina – con il re saudita che è il custode ufficiale delle due sante moschee. Sebbene il diritto saudita si fondi sulla scuola hanbali della giurisprudenza islamica, anche le interpretazioni di Muhammad ibn Abd al-Wahhab, sui cui insegnamenti si basa il wahhabismo, esercitano una forte influenza. Il Paese segue una rigida interpretazione dell’Islam sunnita, che include severe restrizioni imposte alle donne e punizioni spietate per una serie di crimini, che prevedono persino la pena capitale (per decapitazione) per i minorenni. A tal riguardo, si sono diffuse nel 2020 notizie circa l’emissione di un ordine reale che avrebbe proibito le condanne a morte dei minorenni, ma nel novembre 2020 tale atto non era ancora stato ufficialmente promulgato. I cittadini sauditi devono essere obbligatoriamente musulmani. I non islamici devono convertirsi all’Islam per poter essere naturalizzati. I bambini nati da padri musulmani sono considerati musulmani. È vietato promuovere pubblicamente insegnamenti islamici non ufficiali.
La libertà religiosa non è riconosciuta né tutelata. La conversione dall’Islam ad un’altra religione è considerata apostasia, un reato punibile con la condanna a morte, così come la blasfemia contro l’Islam. Di recente, i tribunali sauditi hanno teso ad essere indulgenti, imponendo lunghe pene detentive e frustate, anziché la pena capitale, per quanti siano ritenuti colpevoli di blasfemia.
L’importazione e la distribuzione di materiale religioso non islamico e il proselitismo di fedi diverse dall’Islam sunnita sono illegali sia per i cittadini sauditi che per gli stranieri residenti nel Regno. I luoghi di culto non musulmani e l’espressione pubblica di fedi non islamiche sono proibiti. Il mancato rispetto può significare discriminazione, aggressioni e detenzione. I non cittadini possono essere deportati. Nonostante il governo abbia dichiarato che i non musulmani che non si sono convertiti dall’Islam possano praticare privatamente la propria religione, la mancanza di regole chiare lascia i non musulmani alla mercé della polizia locale. Alcuni gruppi di espatriati cristiani sono tuttavia stati in grado di praticare discretamente la propria fede senza incorrere in alcuna azione da parte della Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio (CPVPV) e dalla polizia religiosa, nota anche come mutawa.
L’istruzione religiosa basata sull’interpretazione ufficiale dell’Islam è obbligatoria nelle scuole pubbliche. Le scuole private non possono seguire programmi scolastici separati e sono tenute ad offrire agli alunni musulmani sauditi e non sauditi un programma di studi islamici. Nelle scuole private, gli studenti non musulmani sono obbligati a seguire lezioni di civiltà islamica. Altre religioni o civiltà possono essere insegnate nelle scuole private internazionali.
Secondo la sharia, gli imputati devono essere trattati equamente. Delle quattro scuole sunnite di giurisprudenza, quella hanbali rappresenta la base per l’interpretazione della legge islamica. Non esiste un codice penale scritto che sia completo. Le sentenze e le condanne variano ampiamente da caso a caso. Nelle cause civili, i cristiani e gli ebrei possono ricevere soltanto il 50 per cento del risarcimento che riceverebbe un musulmano. E per altri non musulmani, questo divario può arrivare fino a un sedicesimo dell’importo che riceverebbe un uomo di fede islamica. In alcuni casi, le prove presentate dai musulmani hanno un peso maggiore di quelle dei non musulmani, e in certi casi le testimonianze delle donne musulmane valgono la metà di quelle degli uomini musulmani.
La “Legge antiterrorismo” del 2017 criminalizza «chiunque sfidi, direttamente o indirettamente, la religione o la giustizia del re o del principe ereditario». Costituiscono inoltre reato: «la promozione di ideologie atee in qualsiasi forma», «qualsiasi tentativo di mettere in dubbio i fondamenti dell’Islam», le pubblicazioni che «contraddicono le disposizioni della legge islamica», il culto pubblico non islamico, l’esposizione pubblica di simboli religiosi non islamici, la conversione di un musulmano a un’altra religione e il proselitismo dei non musulmani.
Nonostante la politica del governo sia contraria alla sepoltura dei non musulmani all’interno del Regno, nel Paese esiste almeno un cimitero pubblico non islamico. Nel novembre 2020, il luogo è stato l’obiettivo di un attacco rivendicato dal gruppo Stato Islamico, avvenuto durante una cerimonia a cui hanno partecipato molti diplomatici (si veda a tal riguardo il paragrafo “Episodi rilevanti e sviluppi”). I ministri religiosi non musulmani non sono ammessi in Arabia Saudita.
Le norme relative ai diritti umani vengono osservate «alla luce delle disposizioni della sharia». L’Arabia Saudita non è parte del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ciò significa che i diritti umani non vengono realmente tutelati. Durante il periodo in esame, vi sono state frequenti segnalazioni di restrizioni alla libertà di parola. Nessuna legge o regolamento vieta la discriminazione in materia di impiego e occupazione in base alla religione o ad altre motivazioni (razza, sesso, identità di genere).
La Commissione semi-autonoma per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio monitora il comportamento pubblico, ordinando alla polizia di applicare una rigorosa interpretazione wahhabita delle norme islamiche. Un regio decreto del 2016 ha stabilito che i membri della Commissione debbano portare con sé documenti di identificazione ufficiali e ha limitato significativamente i loro poteri. Da allora sia i musulmani che i non musulmani hanno riportato meno aggressioni e meno irruzioni da parte della polizia.
Il ministero degli Affari islamici ha intensificato i propri sforzi contro la predicazione islamica estremista attraverso la videosorveglianza delle moschee e l’attento monitoraggio di Facebook e Twitter.
Dal 2004, l’Arabia Saudita è segnalata dalla Commissione degli Stati Uniti per la libertà religiosa internazionale (USCIRF) come «Paese che desta particolare preoccupazione» (CPC, Countries of Particular Concern).
Zuhair Hussein Bu Saleh è stato arrestato nel luglio 2018 e condannato a due mesi di carcere e 60 frustate per aver praticato preghiere comunitarie all’interno della sua abitazione a causa della mancanza di moschee sciite nella Provincia Orientale del Paese (anche nota come provincia di al-Sharqiyya).
Nel settembre 2018, il pubblico ministero ha dichiarato che la satira online che «disturba l’ordine pubblico» sarebbe stata punita con una pena fino a cinque anni di reclusione.
Nel novembre 2018, una delegazione di cristiani evangelici statunitense ha visitato l’Arabia Saudita e ha incontrato il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman.
Sebbene il governo abbia ricevuto molti leader religiosi ebrei e cristiani, in genere il clero non musulmano non è autorizzato a entrare regolarmente nel Paese per celebrare funzioni religiose. Nel dicembre 2019, il metropolita copto-ortodosso Anba Markos ha effettuato una visita pastorale di tre settimane a Riyadh su invito del principe ereditario Mohammed bin Salman. Durante questa visita, il 1° dicembre 2018 si è tenuta a Riyadh la prima messa copta ufficiale mai celebrata in territorio saudita.
Secondo il Rapporto 2019 sulla libertà religiosa internazionale del Dipartimento di Stato americano, nel gennaio 2019 sono state emesse delle normative che criminalizzano «l’incitamento al pensiero ateo in qualsiasi forma e la messa in discussione dei fondamenti della religione islamica».
Nel gennaio 2019, le forze di sicurezza hanno preso d’assalto Umm al-Hamam, un villaggio nel governatorato prevalentemente sciita di Qatif, nell’Arabia Saudita orientale. Tra colpi di mortaio e sparatorie, gli scontri hanno causato cinque morti e un numero imprecisato di feriti.
Lo studioso islamico ed ex decano dell’Università islamica di Medina, Sheikh Ahmed al-Amari, è morto il 20 gennaio 2019 per un’emorragia cerebrale mentre era in prigione. Secondo il gruppo per i diritti umani ALQST, con sede a Londra, l’uomo sarebbe stato torturato in carcere e gli sarebbe stata altresì iniettata una sostanza velenosa che ha provocato l’emorragia cerebrale e il conseguente decesso.
Amari che, secondo gli attivisti, era tenuto in isolamento, era ritenuto vicino all’influente studioso religioso Safar Al-Hawali, anch’egli arrestato nel luglio 2018, dopo che aveva pubblicato un libro in cui criticava la famiglia reale saudita e incitava alla violenza. Nel suo libro di 3.000 pagine, intitolato Musulmani e civiltà occidentale, Hawali – arrestato una prima volta nel 1994 – incitava all’odio verso le altre religioni e chiedeva che la jihad divenisse un elemento centrale dell’educazione quotidiana. Lo studioso ha inoltre accusato il governo saudita di investire denaro nel settore dell’intrattenimento, trascurando invece i preparativi per la jihad. Hawali ha poi esortato a compiere «operazioni di martirio» (attacchi suicidi) al fine di «intimidire il nemico» e «mostrare il coraggio dei musulmani». «I jihadisti – ha scritto – dovrebbero essere onorati, non imprigionati, e se fanno qualcosa di sbagliato, dovrebbero essere corretti».
Sebbene il ruolo e il raggio d’azione della polizia religiosa siano stati drasticamente ridotti, il comico Yaser Bakr è stato brevemente detenuto nel febbraio 2019 per aver fatto una battuta sulla polizia religiosa in uno spettacolo pubblico di cabaret. L’uomo ha dovuto in seguito scusarsi su Twitter.
Secondo il Rapporto 2019 del Dipartimento di Stato americano sulla libertà religiosa internazionale, all’annuale Fiera internazionale del Libro di Gedda è stato diffuso materiale antisemita, che comprendeva i volumi I Protocolli dei Savi di Sion e Mein Kampf di Adolf Hitler. Materiale simile è stato rinvenuto all’annuale Fiera Internazionale del Libro di Riyadh, tenutasi nel marzo 2019.
Nell’aprile 2019, il Ministero dell’Interno (MOI) ha annunciato l’esecuzione di 37 persone, di cui almeno 33 appartenenti alla comunità sciita, che avevano compiuto «crimini di stampo terroristico». La sentenza è stata eseguita senza preavviso. Secondo varie organizzazioni per i diritti umani, i loro processi hanno violato gli standard internazionali relativi all’equità dei processi e le confessioni sono state estorte mediante tortura. Basandosi su una dichiarazione del Ministero dell’Interno, l’Agenzia di stampa saudita (SPA) ha specificato che uno dei condannati era stato crocifisso. In Arabia Saudita, questo significa che il corpo del giustiziato è stato appeso ed esposto al fine di dissuadere gli altri dal compiere il medesimo reato. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e altre organizzazioni per i diritti umani hanno condannato le esecuzioni, soprattutto perché alcuni dei giustiziati erano minorenni al momento dell’applicazione della sentenza.
Nel maggio 2019, il segretario generale della Lega Mondiale Musulmana (MWL), Mohammed Al-Issa, ha firmato un memorandum con il presidente del Global Jewish Advocacy, David Harris, che impegnava entrambe le istituzioni a promuovere la comprensione islamo-ebraica. Issa ha anche porto le proprie condoglianze dopo l’attacco terroristico dell’aprile 2019 contro una sinagoga in California e durante lo stesso viaggio negli Stati Uniti ha visitato diversi centri religiosi.
Nel maggio 2019, la Lega Mondiale Musulmana ha organizzato una conferenza internazionale di quattro giorni sui “Valori della moderazione nei testi del Corano e della Sunna”. La “Carta della Mecca” è stata adottata da 1.200 leader musulmani di alto livello provenienti da 139 Paesi, in rappresentanza di 27 sette e comunità islamiche. Re Salman ha esortato ad incoraggiare «i concetti di tolleranza e moderazione, rafforzando la cultura del consenso e della riconciliazione».
Diverse figure di spicco che avevano criticato i concerti e le attività di intrattenimento sponsorizzate dall’Autorità Generale dello Spettacolo (GEA) sono state arrestate con l’accusa di interferire negli affari interni del Regno. Uno di loro, lo studioso Sheikh Omar al-Muqbil, è stato arrestato nel settembre 2019 per aver affermato che i concerti musicali sponsorizzati dall’Autorità costituivano una minaccia alla cultura saudita e stavano «cancellando l’identità originaria della società».
Nel settembre 2019, i funzionari hanno dichiarato che le violazioni della “pubblica decenza” sarebbero state punite, inclusi l’indossare abiti non appropriati e le dimostrazioni di affetto in pubblico.
Nel novembre 2019, è stato pubblicato sull’account Twitter della Presidenza della Sicurezza di Stato un video che descriveva il femminismo, l’omosessualità e l’ateismo come idee estremiste. Nel video si affermava che «tutte le forme di estremismo e di perversione sono inaccettabili». Anche il takfirismo – ovvero l’apostrofare come miscredenti coloro che seguono altre scuole dell’Islam o i musulmani con idee differenti – è stato descritto come un comportamento inaccettabile. Il post è stato in seguito cancellato, decisione che l’agenzia di sicurezza ha giustificato in una dichiarazione pubblicata dall’agenzia di stampa ufficiale sostenendo che il video contenesse «molti errori».
Nel dicembre 2019, oltre 200 persone sono state arrestate per violazioni della «pubblica decenza», tra cui l’indossare abiti inappropriati e delle «molestie».
Raif Badawi, un blogger saudita che ha creato il Free Saudi Liberals Forum, è in prigione dal 2012. È accusato di oltraggio all’Islam, di aver violato la sharia e i valori islamici, di aver commesso blasfemia e di aver deriso dei simboli religiosi tramite mezzi informatici. Per questi reati è stato condannato a sette anni di reclusione, poi aumentati nel processo d’appello a 10 anni, e mille frustate. Nel 2015, ha ricevuto 50 frustate. Le restanti 950 gli sono state risparmiate in virtù dell’abolizione della fustigazione.
Nel settembre 2019, l’USCIRF ha rilasciato una dichiarazione in cui accusava le autorità saudite di aver negato a Badawi le medicine a lui necessarie. Per protestare, il blogger ha deciso di fare uno sciopero della fame.
Nel dicembre 2019, sia Badawi che il suo avvocato Waleed Abu al-Khair hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la sua reclusione in isolamento. Waleed Abu al-Khair, che ha fondato il Monitor dei diritti umani in Arabia Saudita, è stato detenuto nel 2014 e condannato a 15 anni di carcere per aver «partecipato, invitato e incitato a infrangere la fedeltà al sovrano» e «descritto – ingiustamente – il regime saudita come uno Stato di polizia».
Nei mesi di aprile, agosto, ottobre e dicembre del 2019, lo sceicco Saleh bin Humaid, consigliere della Corte reale e membro del Consiglio degli alti studiosi, ha pregato Dio alla Grande Moschea della Mecca affinché «distruggesse gli ebrei sionisti occupanti e usurpatori».
Nel gennaio 2020, il segretario generale della Lega Mondiale Musulmana Mohammed al-Issa e una delegazione di leader musulmani hanno visitato il campo di concentramento di Auschwitz. Alla vigilia del 75° anniversario della liberazione del campo, al-Issa ha dichiarato che visitare quel luogo «fosse sia un sacro dovere che un profondo onore».
Un Rapporto del settembre 2020 di Ali Al-Ahmed, fondatore e direttore dell’Istituto per gli Affari del Golfo, ha riscontrato come i libri di testo sauditi contenessero ancora passaggi sprezzanti e violenti contro ebrei, cristiani e musulmani non wahabiti, nonostante diversi ufficiali sauditi avessero dichiarato che tali contenuti erano stati modificati ed eliminati. Al-Ahmed ha notato che sebbene in un passaggio di un libro di testo la frase «cristiani ed ebrei» fosse stata sostituita con «i nemici dell’Islam», altri testi citavano chiaramente cristiani ed ebrei tra i nemici.
L’Istituto per il monitoraggio della pace e della tolleranza culturale nell’educazione scolastica (MPACT-se) ha anche osservato che, nonostante siano state apportate alcune modifiche ai programmi scolastici, nel 2019 agli alunni sauditi, dall’asilo alle superiori, veniva ancora insegnato a tenere gli occidentali a distanza, a considerare gli ebrei come «scimmie» e degli «assassini», determinati a distruggere i luoghi sacri musulmani, e che gli omosessuali dovrebbero essere puniti con la condanna a morte. Pur considerando positivamente che in alcuni libri di testo le donne vengano incoraggiate ad essere imprenditori, l’amministratore delegato di IMPACT-se, Marcus Sheff, nota come si consigli loro di non fare amicizia con «gli occidentali con cui potrebbero fare affari».
Nel settembre 2020, Abdulrahman al-Sudais, imam della Grande Moschea della Mecca, ha tenuto un sermone invitando al dialogo e alla gentilezza verso i non musulmani, riferendosi in particolare agli ebrei. Interpretato da alcuni come un possibile segnale di una prossima apertura saudita nei confronti di Israele, la predica ha suscitato scalpore sui social media.
Il 21 ottobre 2020, la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite ha plaudito al decreto reale dell’aprile 2020 che aboliva in Arabia Saudita le condanne a morte per i rei minorenni. Tuttavia, il fatto che il decreto non sia stato ancora pubblicato lascia qualche incertezza sia sui contenuti che sulla sua applicazione. Questa decisione, se attuata, potrebbe influenzare anche il destino di tre detenuti sciiti: Ali al-Nimr (nipote di Nimr al-Nimr, un ecclesiastico sciita giustiziato dal governo nel 2016) e Dawoud al-Marhoon, entrambi 17enni al momento dei presunti reati, e Abdullah Zaher, 15enne al momento del crimine di cui è stato ritenuto colpevole. Il governo ha contestato questa affermazione, sostenendo che i tribunali utilizzano il calendario hijri, ed essendo gli anni lunari più corti di quelli solari, il calcolo dell’età dei tre condannati sarebbe diverso.
L’11 novembre 2020, è stato compiuto un attentato dinamitardo durante una cerimonia di commemorazione della prima guerra mondiale, tenutasi nell’unico cimitero non musulmano dell’Arabia Saudita. Un paio di giorni dopo, lo Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità dell’attacco terroristico contro diversi «consoli dei Paesi crociati» presenti alla cerimonia. L’obiettivo principale era il console generale francese, a causa della pubblicazione in Francia di vignette raffiguranti il profeta Maometto.
I residenti stranieri sono tenuti ad avere con sé un permesso di soggiorno (iqama) in cui sia indicata l’appartenenza religiosa. Sebbene questa sia di solito o «musulmano» o «non musulmano», alcune carte di soggiorno emesse di recente contengono la definizione «cristiano».
Come molti altri Paesi, l’Arabia Saudita ha preso importanti misure per rallentare la diffusione della pandemia di COVID-19. All’inizio del marzo 2020, il pellegrinaggio Umrah alla Mecca è stato temporaneamente sospeso, così come le preghiere nelle moschee. Pochi giorni prima dell’inizio del Ramadan, le restrizioni relative al coprifuoco sono state modificate nelle città dove le restrizioni non erano in vigore per tutte le 24 ore. Sono state consentite alcune preghiere nelle due Sante Moschee di La Mecca e Medina, ma la presenza era limitata ai soli dipendenti.
Nel giugno 2020, le moschee sono state autorizzate a riaprire, ma soltanto per la preghiera privata, mentre le lezioni e le prediche nelle moschee hanno potuto riprendere soltanto in seguito, ma con alcune restrizioni.
Il 1° novembre 2020, circa 10.000 pellegrini stranieri sono stati autorizzati a compiere il pellegrinaggio Umrah alla Mecca dopo una pausa di sette mesi.
In Arabia Saudita è consentita l’espressione di una sola forma di religione, l’Islam sunnita. Fatta eccezione per alcuni importanti incontri storici con leader di altre religioni, e la firma di dichiarazioni congiunte e carte internazionali che promuovono la pace e la tolleranza, gli episodi sopra citati mostrano come il Paese non sia riuscito finora a compiere alcun cambiamento significativo relativo alla libertà religiosa nella vita quotidiana.
Nonostante alcuni segnali di apertura incoraggianti, l’Arabia Saudita è ancora responsabile di «violazioni sistematiche, continue ed eclatanti della libertà religiosa» e rimane un Paese che desta grande preoccupazione per quanto riguarda la libertà religiosa e i diritti umani. Numerosi attivisti dei diritti umani e sostenitori delle riforme sono stati arrestati, imprigionati e, in alcuni casi, torturati.
Sebbene vi siano alcuni segnali di modernizzazione nel Paese, è chiaro dai messaggi contraddittori inviati dal leader del Paese, il principe ereditario Mohammed bin Salman, che le riforme avverranno soltanto su iniziativa del governo. Le attiviste che lottano per i diritti delle donne sono state arrestate e torturate, anche dopo che i diritti che chiedevano erano stati loro concessi.
Qualsiasi tipo di opposizione – sia essa conservatrice o liberale – viene immediatamente messo a tacere. Il governo continua a reprimere il dissenso e a imprigionare chiunque sia accusato di apostasia e blasfemia, di violare i valori islamici e le norme morali, di insultare l’Islam, di praticare la magia nera e la stregoneria.
Inoltre, a livello internazionale, l’Arabia Saudita continua a perseguire un approccio utilitaristico. Ad esempio, nonostante il ruolo di primo piano che svolge nel mondo musulmano sunnita, ha deciso di non offrire alcun sostegno ai musulmani uiguri perseguitati in Cina, conferendo un maggior valore alle relazioni con Pechino, rispetto ai diritti dei correligionari musulmani.
In breve, in Arabia Saudita non sono tutelati né i diritti umani fondamentali, né le libertà di coscienza, di pensiero e di religione.